MESSAGGIO DEL VESCOVO PIETRO
PER LA PASQUA DEL SIGNORE 2022
Di che cosa ha bisogno il mondo? Di che cosa abbiamo bisogno in questo momento più che mai? Qualcuno, anzi più di qualcuno, senza troppi giri di parole, dice che, a guardare come gira il mondo, abbiamo bisogno di armi, dimenticando che, da tempo, ce ne sono a sufficienza sulla terra per farla saltare in aria chissà quante e quante volte. Ma le armi, lo sappiamo cosa fanno, anzi lo vediamo: le armi fanno credere di essere forti e di poter vincere l’altro e assoggettarlo, e ti danno l’illusione che con esse ci si possa difendere e che serva veramente a qualcosa rispondere al male con il male, non capendo che esse semplicemente uccidono e distruggono e, alimentando ingiustizie, fanno crescere l’odio e spuntare, come funghi velenosi, nuovi caini. No, abbiamo bisogno di altro.
E di che cosa abbiamo bisogno? Di un nuovo inizio, di un nuovo modo di vedere le persone, la vita, le relazioni, le cose, il presente, il futuro, la storia. Abbiamo bisogno di passare a una vita che sia diversa, che sia altra, più vera, più fraterna, più solidale, fatta di gesti più che di proclami, di sguardi più che di parole, di fatti più che di illusioni: fatti che parlino e dicano che la vita è buona e va coltivata con tenerezza e dedizione, anzi con compassione; come la terra, del resto, che invece abbiamo sporcata, inquinata, violata, insanguinata. Abbiamo bisogno di una nuova voglia d’impegnarci, di essere uniti, di metterci insieme e di lottare perché vinca l’uomo, la vita, il bene, il bello, la giustizia, la pace.
Dove trovare la forza per ricominciare? Ma, soprattutto, da dove partire? Dalla speranza! Ecco di che cosa abbiamo bisogno: di speranza. Sì, perché è la speranza che mette le gambe al mondo; è la speranza, la piccola sorella, che sta all’origine di ogni cambiamento. Parlo di quella vera e non della “virtù dei deboli”, come la chiamava Nietzsche: una speranza che somiglia più all’illusione, che è figlia a sua volta della rassegnazione; quella che ti porta a guardare ai fatti della vita senza impegnarti e, al limite, ti fa dire: chissà, forse, magari, speriamo bene, oppure – come il mantra banale che ha accompagnato i mesi più duri della pandemia – andrà tutto bene!
No, parlo di un’altra speranza, anzi di una speranza altra: quella che Benedetto XVI, con un aggettivo davvero sopraffino, non temeva di chiamare affidabile. Quale? La speranza che viene dalla Pasqua.
A Pasqua, infatti, esplode la notizia che cambia la storia del mondo: Cristo è risorto! La morte è stata vinta: ha vinto la Vita! Il bene ha vinto sul male, l’amore sull’odio. Con Lui, il Risorto, nasce una nuova storia, un nuovo corso ha inizio per l’umanità.
Sì, a Pasqua nasce la speranza! Essa ha un solo nome e un solo volto: quello del Risorto. “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”: così canta la Chiesa in questo giorno. E aggiunge: “Cristo, mia speranza, è risorto!”.
Sì, Cristo è risorto! E se è risorto, significa che non è un personaggio del passato, ma che è vivo. Sì, Lui è vivo, e, perciò, continua ad operare, ad agire.
E, se è vivo, vuol dire, soprattutto, che noi non siamo soli; che Lui c’è, qui ed ora, e cammina con noi; cammina al nostro fianco, come con i discepoli di Emmaus, anche quando non lo vediamo, anche quando facciamo fatica a riconoscerlo; cammina con me, con te, nelle situazioni che stiamo vivendo, nelle prove che stiamo attraversando, nei sogni che ci portiamo dentro, pronto ad aprire nuove strade, senza fermarsi neppure dinanzi ai nostri tradimenti. Sì, è vivo e cammina con noi! Perciò, due anni fa, nella Veglia di Pasqua, Papa Francesco così si esprimeva: “con la Pasqua, abbiamo conquistato un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio” e “immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita”.
Sì, Pasqua è la festa della speranza! La festa della Speranza affidabile! Da questa speranza nasce la voglia di lottare, di non mollare, di impegnarsi. E nasce la pazienza, che non è segno di passiva accettazione e di debolezza, e neanche semplice tolleranza delle difficoltà o sopportazione fatalista delle avversità, ma fortezza d’animo che ci rende capaci di portare il peso delle contraddizioni e dei drammi della vita e di affrontare i problemi personali e sociali che a volte ci investono, facendoci perseverare nel bene anche quando tutto sembra perso e perciò insignificante, irrimediabilmente compromesso e quindi inutile, e ci permette di continuare ad andare avanti, anche quando il tedio e l’accidia ci assalgono. Sì, abbiamo bisogno di speranza.
Come mendicanti, cerchiamola ogni giorno, nuovamente: anche, in mezzo a tante immagini di guerra, tra i mille e mille scatti che parlano ancora di efferate atrocità, di disumane violenze e di morte, e che mai avremmo voluto vedere. Scorgiamola, come in una appassionata corsa all’oro, come in un’avvincente caccia al tesoro e, seppure soltanto intravista, seguiamola e, trovatala, teniamocela stretta, abbracciamola. E poi seminiamola, spargiamola nel mondo come polline di primavera. Contagiamo il mondo con gesti di bene e di perdono, di tenerezza e di compassione, in una parola, di amore. Sì, abbiamo bisogno di speranza. Abbiamo bisogno di Pasqua!
Santa Pasqua di Risurrezione!